“Il ruolo dell’associazionismo in una società in rapida e continua evoluzione”

Credo che ognuna di voi abbia già in mente cosa fare e come, ma possono essere utili alcune considerazioni in merito alle opportunità legate alla trattazione di questo tema che:

• favorisce il contatto e la conoscenza di realtà associative esistenti sul proprio territorio
• consente un raffronto tra i diversi ordinamenti
• stimola ad una riflessione sulla nostra mission prendendo in esame ciò che serve ad un adeguamento delle nostre finalità ai mutamenti in atto e a quelli futuri
• promuove rapporti di collaborazione con altre associazioni.

Alcune informazioni utili

* Secondo i dati raccolti dall’ISTAT nell’ultimo censimento (2012) le istituzioni non profit in Italia sono 474.765, quasi il doppio rispetto al precedente censimento (2001).
* Le istituzioni non profit , sempre secondo il censimento ISTAT, sono suddivise in diverse tipologie: associazioni culturali, sportive e ricreative, cooperative sociali, fondazioni, enti ecclesiastici, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, sindacati, istituzioni di studio e ricerca, di formazione, mutualistiche e sanitarie ovvero tutte le istituzioni definite come “ unità giuridico-economiche dotate o meno di personalità giuridica, di natura privata, che producono beni o servizi destinabili o non destinabili alla vendita e che, in base a leggi vigenti o a proprie norme statutarie, non hanno facoltà di distribuire, anche indirettamente, profitti o altri guadagni diversi dalla remunerazione del lavoro prestato ai soggetti che l’hanno istituita o ai soci”.
* Dai dati emerge il modo in cui è strutturato l’universo non profit in Italia: la maggioranza delle istituzioni é rappresentata dalle associazioni (79%) seguono le cooperative sociali (4%), le organizzazioni di volontariato (3%), le istituzioni di rappresentanza.
Da un punto di vista geografico, in Lombardia risiede il 14% delle realtà censite, seguono il Lazio, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Sicilia.
Volendo dare un primo significato a questi dati, appare evidente che gli Italiani sono un popolo che ha sempre più desiderio di darsi da fare e di aiutare gli altri senza alcun tornaconto. (Il che deve farci sentire orgogliosi di noi stessi!)

E’ assodato che i soggetti associativi sono, per loro natura, i primi ad avvertire i cambiamenti della società e cercano di produrre servizi in risposta a bisogni insoddisfatti, ma non riescono a creare sviluppo sul territorio. In Italia le associazioni agiscono nel campo dell’assistenza sociale, sanitaria, nel turismo, nella ricerca, nella tutela e salvaguardia dell’ambiente e in svariati altri campi. Ciò le porta a collaborare con gli enti pubblici; questo rapporto di sussidiarietà, però, non è pienamente riconosciuto. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, invece, il terzo settore viene qualificato e selezionato; le politiche sociali sono frutto di concertazione. In cambio il “pubblico” si inserisce come parte integrante sussidiaria di ogni politica attiva.
Questa comune partecipazione assume il valore di corresponsabilizzazione. Occorre allora far emerger un’idea di associazione in cui sia valorizzata l’azione che crei la partecipazione attiva dei cittadini, che è il nome comune di tutte le forme del sociale, il nome prescelto dalla nostra Costituzione per indicare la loro particolare rilevanza nel sistema. Sarebbe perciò auspicabile un incremento del rapporto con le associazioni, da parte della Pubblica Amministrazione che deve tener conto di rapportarsi con un universo sociale per sua definizione mutevole ed informale e che è, al contempo, espressione di bisogno di mutamento sociale. Per contro due fattori ostativi rallentano l’azione delle associazioni: le trasformazioni sociali e le difficoltà dell’associazionismo a rinnovare se stesso. Pur esistendo buone pratiche innovative, manca la capacità di fare rete, a cominciare dal pensiero strategico; prevale un pluralismo competitivo all’interno del quale si affermano soggettività individuali distorcenti dal dare risposta a bisogni reali. E’ certo che nell’attuale contesto le associazioni che non sono in grado di assumere maggiori responsabilità, operano con sempre maggiore difficoltà.

A ciò si aggiunge un fattore di non poca rilevanza: la scelta di associarsi è sempre
• meno orientata all’appartenenza
• meno centrata sulla “militanza sociale”
• più motivata dalla ricerca di risposte adeguate ai bisogni e ai desideri di benessere delle persone.

Le associazioni, per parte loro, devono:

• trovare delle regole di miglior funzionamento
• definire o ridefinire la propria mission
• superare le proprie criticità
• mettersi al passo con i tempi
• fronteggiare il problema delle risorse umane favorendo il ricambio generazionale e ricercando modi di conciliazione tra tempi di famiglia e impegno sociale.

Tutto quanto detto ha valore di mera analisi del presente mentre occorre mettere il punto sul ruolo dell’associazionismo nell’immediato futuro. Dalle premesse emerge la necessità che le associazioni siano riconosciute come parte sociale dalle Istituzioni. E’ importante ricordare che nel 2009 il Parlamento Europeo, nell’elaborazione delle politiche dell’Unione Europea, ha invitato a tener conto dell’economia sociale, chiedendo di integrarla nelle scelte politiche e nelle strategie in materia di sviluppo sociale, economico ed imprenditoriale, soprattutto nel contesto dello Small Business Act (politiche a sostegno della PMI, piccola e media industria)

Pur non essendo un atto formale, esso testimonia la volontà di rivalutare valori socialmente condivisi e di metterli in atto in materia di organizzazione degli stati. Ciò significa che é prevedibile per il futuro una partnership con le Istituzioni e che occorre
• il riconoscimento delle associazioni come “parte sociale”
• il cambiamento del concetto di associazionismo da “ supplente dello stato assistenziale” a partner
• il recupero del radicamento sociale e della funzione educativa e culturale
• il rafforzamento della rappresentanza in vista della partnership con le Istituzioni pubbliche

Può essere utile, nello svolgimento del tema nazionale, richiamare la storia dell’associazionismo femminile, almeno per grandi linee. Su internet è possibile trovarne diverse versioni che aiutano a comprendere quanto si sia evoluto il mondo delle associazioni femminili, dai primi sodalizi informali che facevano capo a singole donne illustri, con intenti prevalentemente filantropici, fino alle recenti conquiste che vedono le donne presenti ai vertici dell’economia, della politica essendo in atto un processo di empowerment che porta a pensare, come da molti preconizzato, che nell’arco di un ventennio, il mondo potrebbe essere governato dalle donne. Un maggior apporto femminile alle grandi decisioni della storia di certo porterebbe mutamenti significativi in termini di un progresso improntato all’eticità, al rispetto delle differenze, ad una migliore qualità della vita per tutti.

Ma quale è stato il contributo della nostra FIDAPA alle molte conquiste dei movimenti femminili e quali sono i nostri futuri obiettivi? E’ rilevante dar risposte a queste domande che ci rendono consapevoli dell’importante ruolo svolto dalla nostra associazione negli anni in cui le donne lottavano per la conquista dei diritti civili, del diritto all’ istruzione, al lavoro extra domestico, al voto e all’ esercizio delle libere professioni. Oggi siamo portate a considerare questi diritti come acquisiti senza pensare a quanto duro sia stato il cammino per poterli raggiungere.
In un articolo di giornale che ho molto condiviso, veniva indicata la figura mitologica di Antigone come modello di presenza femminile nell’attuale società. Antigone, così come la rappresenta Sofocle, è una donna che si contrappone al potere tradizionale degli uomini, fondato su leggi scritte. Ad esse antepone un principio di giustizia che va oltre la legge facendo valere un’etica universale che comprende la solidarietà e dà origine ad un patto sociale che si fonda sul rispetto per lo straniero e per l’avversario politico. Qual è dunque il messaggio? Credo che al di là delle lotte condotte per acquisire nuovi riconoscimenti, il compito delle associazioni ed in particolare di quelle femminili, sia quello di testimoniare la volontà di riaffermare valori perduti: l’eticità nelle scelte, la fedeltà al proprio paese, la lealtà, la famiglia come nucleo sociale da difendere, la giustizia anche oltre le leggi perché ci sono regole morali che non necessitano di codifica.

E’ questo ciò che si deve fare continuando a sostenere le battaglie intraprese affinché alle donne sia consentito di fornire alla collettività il loro contributo. Non solo perché è “politicamente corretto”, ma perché è giusto.

Anna Lamarca, Presidente Nazionale FIDAPA BPWITALY, Vicepresidente ad interim.

 

 

 

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