Pordenone – Incontro con Cecilia Scerbanenco

Saletta ex convento di San Francesco 16 gennaio 2013

Pubblico attento e partecipe all’incontro organizzato dalla Fidapa di Pordenone, con l’apprezzamento del Circolo della Cultura e delle Arti, nella saletta ex convento di San Francesco il 16 gennaio scorso.

Ospite Cecilia Scerbanenco, figlia del noto scrittore Giorgio (1911–1969), considerato dai critici l’i¬niziatore del genere ‘noir’ in Italia, inventore di personaggi emblematici, quali Arthur Jelling e Duca Lamberti, entrambi acuti investigatori. Dedicato alla sua memoria, infatti, il premio Scerbanenco per la narrativa gialla italiana.

Tutt’altra, però, la direzione tematica dell’incontro, dal titolo “Mio padre Giorgio Scerbanenco e la donna” che pesca soprattutto dai trent’anni (1938-1966) di consigli di Luciano, Valentino o Adrian, pseudonimi dell’autore, alle lettrici delle riviste Grazia, Annabella e Bella attraverso la rubrica “La posta del cuore”.

Dopo i saluti della presidente Dora Paronuzzi ai presenti, si è configurata, infatti, fin dalle prime battute una sorta di viaggio a ritroso nel tempo intorno alla figura femminile, per così dire dal cappello con la veletta alla minigonna. Risposte tenere o taglienti dell’autore alle sue lettrici, prevalen¬temente ancorate all’aspetto psicologico e sociale del vivere, comunque all’ombra del maschio, sia questi predatore o principe azzurro.

Immagini e vissuti al femminile, emozioni condivise nel ricordo di una vita vera, quella di Giorgio, trascorsa tra la vocazione all’incontro sentimentale, pur a latere dei due solidissimi matrimoni, e l’altra, quella delle sue lettrici, che lo eleggevano a consigliere del cuore e gli raccontavano se stesse, soprattutto in rapporto all’altro sesso verso il quale, tuttavia, anche nella migliore delle ipotesi, l’au¬tore non sembra nutrire particolare stima.

L”uomo normale”, infatti, è forse una delle sue definizioni più acute e calzanti di un prototipo di maschio, purtroppo ancora attuale, che sotto sotto non riconosce la parità perché la teme; si rassicu¬ra, infatti, sminuendo, laddove sia possibile, la compagna per esorcizzarne la forza morale o sociale, di per sé comunque minima negli anni nei quali Giorgio ha iniziato tale attività.

Una generazione più dolente e torturata, invece, appare dagli scritti di Scerbanenco, quella del ’68 che alla “Posta del cuore” racconta di profonde crisi personali d’identità, di adolescenze difficili a sbocciare, purtroppo, però, poco orientate alla cultura e più alla moda. Comunque donne sole come lo erano state le loro madri e, come queste, portate a illudersi che l’amore felice fosse misura del proprio valore. Povere ingenue – sembra ammonire l’autore – attente all’uomo latino! Egli insidia, non corteggia, perché ”quasi tutti gli uomini disprezzano le donne anche senza accorgersene”. Parole dure di un uomo che tifava per la parte più debole.

Eppure delineava la sua donna tipo – come ha riferito la figlia – con i caratteri della tradizione: tenera, dolce, raffinata, elegante e colta. Ideale di un tempo? Forse un po’, di quel tempo, che si è chiuso, definitivamente, per lui, per un malore improvviso, il 27 ottobre 1969.

Ai suoi estimatori restano le riflessioni di un uomo che comprendeva le donne. Una testimonianza di grande attenzione per il cuore altrui e i suoi sussulti, ispirato da un valore, come padre e come uomo, che ripeteva convinto: non si ha pace se non si ama. Ma amore non ci può essere se non vi è consapevolezza della parità dell’altro e della reciproca complementarietà.

Oggi molto è stato fatto in tale direzione ma il meglio deve ancora venire. Lo si aspetta con ansia dalle giovani generazioni, se gli adulti sapranno essere all’altezza del loro compito.

Angela Mormile

addetta stampa Fidapa Pordenone

 

 

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