La deriva planetaria da inquinamento

Storia e fondamenti del concetto di Sviluppo Sostenibile – La deriva planetaria da inquinamento.

Relatore ing. Gian Mario Portale

Il relatore premette di essere un “ambientalista moderato” lontano sia dagli eccessi degli ambientalisti estremisti, sia dalla indifferenza ingiustificata degli “ottimisti” ad oltranza che negano ogni emergenza ambientale. In un contesto planetario segnato da acuti problemi economici e sociali, cui si sovrappongono minacciose crisi ambientali, la via dello “Sviluppo sostenibile” viene indicata come la soluzione per superare le sfide planetarie a livello globale. La relazione, corredata di ampia documentazione fotografica, presenta la storia del concetto di sviluppo sostenibile e i suoi fondamenti, analizza i singoli temi correlati, fino a richiamare l’attenzione sulla situazione attuale e promuovere il coinvolgimento responsabile sulla necessità di azioni future.

Definito come uno sviluppo “che risponda alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze” (Brundtland.,1987) lo sviluppo sostenibile è un termine sempre più usato nel nostro linguaggio e afferma con forza la necessità di non trascurare le questioni ambientali; esso si presenta pertanto come un processo che investe aspetti ecologici, economici e sociali e viene generalmente riconosciuta la sua universalità.

La storia della “questione ambientale” del pianeta parte dalla ricostruzione postbellica, tutta tesa a riedificare città e industrie, senza alcun riguardo per l’ambiente, fino al profilarsi delle crisi della società opulenta verso la fine del ‘900, esplosa poi con violenza all’inizio del terzo millennio. Dalle prime proteste per il degrado dell’ambiente, e contro il progresso teso alla crescita senza limiti del profitto (anni ‘60 e ’70: beat, figli dei fiori, università americane, artisti e scrittori, cinema) si passa agli allarmi per gli imponenti disastri chimici ed ecologici degli anni ’70-’90 (Seveso, Bhopal, Chernobyl, Exxon Valdez)

La opinione pubblica mondiale si preoccupa e spinge l’ONU a promuovere una serie di Conferenze mondiali dedicate alla tutela dell’ambiente ed ai suoi influssi economici e sociali sull’intera società umana. Seguono solenni “Dichiarazioni di principio” e “Raccomandazioni” che le Conferenze dell’ONU (Stoccolma, Rio, Kyoto, Johannesburg, Cancun, Durban 2011-2012) hanno rivolto all’intero sistema terrestre vivente. I temi dei settori critici da monitorare e tutelare sono elencati in dettaglio dalle 5 Dichiarazioni globali di Rio ’92, e precisamente:

  1. Carta della Terra.L’Ambiente va in degrado, sono in pericolo sviluppo e sopravvivenza dell’umanità.
  2. Agenda 21 è lo strumento operativo della Carta della Terra su scala mondiale, e produce un piano di azione concreto per lo Sviluppo.
  3. Dichiarazione sulle foreste: da esse dipendono tutte le forme di vita.
  4. Convenzione quadro sui Cambiamenti climatici cui seguirà quella sulla Desertificazione: è urgente contenere le emissioni di gas serra, soprattutto CO2. Ne consegue la necessità di formalizzare e rendere vincolanti gli impegni delle nazioni nella riduzione delle emissioni.
  5. Convenzione sulla diversità biologica per evitare la estinzione delle specie e le sue conseguenze.

Sia il vertice di Rio ’92, che tutti i successivi, sono stati però deludenti quanto a risultati concreti, e non sono riusciti ad imporre limitazioni vincolanti a tutte le nazioni.

Thomas Friedman, celebre editorialista del “New York Times, si pone questa drammatica domanda: “ E se la crisi economica planetaria del 2008, ripresa e aggravata nel 2011, rappresentasse qualcosa di molto più radicale di una profonda depressione causata dalle tempeste finanziarie? E se ci stesse dicendo che l’intero modello di società basato sulla crescita illimitata, sugli sprechi e sui consumi, che abbiamo creato negli ultimi 50 anni, è semplicemente insostenibile anche economicamente oltre che ecologicamente?”

Nella seconda parte della relazione si esaminano impegni e azioni da intraprendere da governi, amministrazioni, istituzioni scolastiche e culturali, da associazioni private, e cittadini, per contribuire a realizzare uno sviluppo che non comprometta le esigenze delle generazioni future.

Infatti, data la scarsità di politiche virtuose da parte dei governi, è utile che tutti diano un contributo, anche piccolo ma sempre importante, al contenimento del riscaldamento globale. L’Agenda 21 propone azioni globali (per le nazioni), locali (per le amministrazioni e i cittadini), scolastiche (per le scuole). L’agenda 21 locale ha il compito di promuovere e controllare le azioni che il Comune compie per la difesa ambientale, e per trasmettere alle generazioni future il proprio patrimonio culturale. L’Agenda 21 scolatica terrà conto che nella scuola vivono un gran numero di persone e perciò si possono coinvolgere nelle azioni concrete studenti, docenti, personale, e altri stokeholders.

La crisi della finanza ha fatto capire a tutti quanto sia importante l’economia reale. E in questo contesto l’agricoltura si sta rivelando come uno dei possibili vettori di lavoro e ripresa del futuro.

Al pari dell’acqua o dell’energia non inquinante, in un mondo a risorse limitate, la produzione di ortaggi e di frutta, o l’allevamento di mucche o galline, se condotti con inventiva e metodi moderni, si avviano a diventare un’attività strategica. Tra le soluzioni innovative atte a fronteggiare le crisi, la Green Economy, apprezzata in particolare dai giovani e dalle donne, dispiega anche interessanti prospettive di lavoro. Si affermano una serie di nuove figure imprenditoriali e professionali, che possono convergere anche trasversalmente da diversi rami del sistema economico e culturale.

La innata e particolare sensibilità delle donne si rivela come la più adatta a coprire ruoli importanti nel complesso nuovo mondo culturale, in cui occorre operare una sintesi dei cosiddetti tre pilastri dello sviluppo sostenibile: ambientale, economico e sociale.

La stessa natura ci viene incontro, con la sua grande capacità di autorigenerarsi: vengono perciò illustrati alcuni casi esemplari di rinascita ecologica.

Seveso, dopo il terribile incidente del 1976 (Icmesa) che provocò la fuga di una nube di diossina e investì una vasta area nei comuni della Brianza, ha provveduto ad una efficace decontaminazione.

Al di sopra del terreno più inquinato, protetto da una serie di barriere ecologiche, è sorto il “Parco Naturale Bosco delle Quercie”, oggi vasto e fiorente parco aperto alla popolazione.

In California, dopo lo spaventoso incendio del 2008, che aveva distrutto il mitico Big Sur, ricco di famosi paesaggi, di valli verdi e di memorie letterarie, la natura ha fatto miracolosamente rinascere la vita: a distanza di soli due anni le valli sono già ridiventate verdi e fiorite.

Il Lago d’Aral può essere assunto a metafora della possibile apocalisse futura, Cinquant’anni fa era il quarto lago più grande del mondo, oggi è ridotto al 10% del volume d’acqua originario, con un livello delle acque abbassato di oltre venti metri . Disastro provocato da sciagurati piani statali di sviluppo, attuati deviando i fiumi immissari e trasformando il lago in un deserto di sabbia e relitti di barche e villaggi abbandonati. Politiche industriali egoistiche, volte solo allo sfruttamento dissennato della natura e dei popoli, portano alla desertizzazione di regioni un tempo fertili. Eppure il miracolo della rinascita è ancora possibile, e in parte è avvenuto: però è solo parziale, unicamente sul lato nord del lago, per merito di un progetto congiunto tra Banca Mondiale e governo del Kazakhstan Merito dunque degli uomini, quando elaborano progetti virtuosi e razionali, e merito delle straordinarie forze rigenerative della natura.

La “Green Economy” si sta affermando prepotente anche nel campo dell’urbanistica e dell’architettura: nelle megalopoli invivibili del mondo di oggi si diffonde la pratica del verde urbano, dei giardini e degli orti che sostituiscono i vuoti aperti dalle crisi fallimentari di stati e città. I quartieri urbani devastati dalle crisi dell’industria e dalla diffusione del degrado e della criminalità vengono sostituiti da parchi, spazi pubblici e orti popolari per assicurare un livello minimo di convivenza sociale ed insieme di approvvigionamento autonomo alimentare.

I temi ecologici interessano e appassionano anche architetti prestigiosi, che investono la propria sapienza tecnologica per creare edifici a minimo consumo energetico e quindi a basso inquinamento.

Primeggia la magia verde di Renzo Piano, con lui anche l’architettura diventa totalmente ecologista. Il suo edificio dell’Academy of Sciences sorge nel parco del Golden Gate a San Francisco. Sui tetti pensili dell’enorme complesso edilizio c’è un intero bosco, e centomila microcristalli sensori che captano l’energia solare, le cellule fotovoltaiche di nuova generazione; all’interno il museo con 20 milioni di specie tra vegetali e animali, una foresta amazzonica, un acquario ed un planetario. L’aria condizionata è abolita del tutto, sostituita da un sistema naturale di ventilazione che sfrutta genialmente le caratteristiche climatiche della baia. “Una Ferrari a zero consumo e zero emissioni” così è stata definita l’Accademia.

Anche la storia del Sahara è emblematica. Quando l’Europa stava ancora uscendo dall’ultima glaciazione, 6000 anni fa, il Sahara era una grande pianura verde. Fu poi il progressivo riscaldamento climatico che favorì l’addensamento di popolazioni che praticavano l’agricoltura e l’allevamento Ma con il progresso tecnologico si compì la grande separazione dell’uomo dalla natura, questa reagì negativamente e le ultime fasi dell’arte rupestre sahariana mostrano solo ambienti deserti attraversati da carovane di cammelli.

Eppure ancora si può vincere e rendere vivibile il deserto, come dimostrano l’oasi e il kibbutz. L’oasi sopravvive solo in virtù dell’opera dell’uomo, è il prodotto di una sapiente valorizzazione dei pochi elementi vitali: le palme, la governance dell’acqua, i recinti naturali che ne impediscono il seppellimento. Lo stesso vale per i kibbutz di Israele, colonie agricole fondate su rigide regole comunitarie e sul lavoro durissimo per dissodare il deserto. Negli ultimi decenni erano in degrado, i giovani abbandonavano la vita collettiva per le comodità e il lavoro delle città; oggi per effetto della crisi si assiste ad un ritorno di interesse alla vita dei kibbutz da parte dei giovani.

Dunque le speranze per una futura rinascita ambientale, non disgiunta da quella sociale ed economica, si fondano su un ritorno virtuoso alla terra, su una effettiva ed equa Green Economy.

E forse la prodigiosa capacità di rinascita della terra, alleata con la saggezza dell’uomo, ci salverà.

Fidapa-BPWITALY. Conf.AMBIENTE

Roma, 5 giu. -(Adnkronos) – Accendere i riflettori sull’impatto che il cibo ha sui cambiamenti climatici e sullo sviluppo rispettoso dell’ambiente e della società. E’ l’obiettivo di Slow Food per la conferenza delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno, dove si parlerà di green economy, “un concetto che secondo noi si deve estendere a un’ampia fascia di lavori e di comportamenti che non indica solamente chi lavora con energie alternative, ma soprattutto chi re-impara il savoir faire del cibo e lo mette a disposizione della comunità con attività educative e di recupero, rivalutando prodotti tradizionali”, dice Carlo Petrini, presidente di Slow Food.

  Petrini è stato invitato dal governo brasiliano a prendere parte al Sustainable Development Dialogue on Food and Nutrition Security, incontro ufficiale le cui conclusioni costituiranno un contributo importante alla Conferenza dei Capi di Stato. Secondo Petrini “non si fa green economy solo con il solare o l’eolico, ma con una vera rivoluzione che ci permette di lottare attivamente contro i cambiamenti climatici, ricostruendo l’intero sistema proprio partendo dal cibo”. Una rivoluzione che parte dai piccoli gesti quotidiani, a partire dalla dieta e la spesa.

 l programma brasiliano di Slow Food non si limiterà a tavole rotonde e dibattiti, ma coinvolgerà la popolazione e i partecipanti in varie attività educative, da laboratori a visite ai mercati contadini, per sensibilizzare tutti al ruolo centrale del cibo nello sviluppo sostenibile. Slow Food pubblicherà inoltre una guida con cento consigli sul cibo buono, pulito e giusto, proponendo locali in cui assaggiarlo, produttori da cui acquistare o progetti sostenibili da scoprire a Rio de Janeiro.

 “Il Summit della Terra tenutosi a Rio nel 1992 ha segnato un momento storico, portando finalmente all’attenzione di tutti la questione dello sviluppo sostenibile – ricorda Petrini – Nonostante siano passati vent’anni, però, non si sono raggiunti gli obiettivi prefissati. Ci auspichiamo che al termine di questo summit siano stabiliti impegni concreti e condivisi. L’ambiente non può più aspettare”. Per questo, Slow Food ha redatto “Fulmini e polpette”, guida per una dieta amica del clima.

“Va ricordato che servono 15.500 litri d’acqua per produrre un chilo di carne bovina, che ogni anno ciascuno di noi in Europa spreca 179 chili di cibo e che un pasto medio percorre 1900 chilometri per arrivare sulle tavole occidentali – aggiunge Petrini – Quindi è necessario l’impegno di tutti per cambiare drasticamente la rotta se non vogliamo cadere nel baratro. Ed è per questo che a Rio parleremo di agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare”.

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